Aldo Spinardi – 1989

Nel 1889 Paul Sérusier e Gaugen ritornarono, in Bretagna per chiedere alla natura un impulso per la loro arte. Lì, su una parete della sua camera, Sérusier riportò una frase di Wagner: “…credo che i fedeli discepoli della grande arte saranno glorificati e circonfusi da un divino amalgama di raggi, profumi e melodiosi suoni torneranno a perdersi nell’eternità, nel seno della fonte divina dell’armonia”.
Wagner non poteva prevedere che il“Bois d’amour” di Sérusier possedeva il potere di suscitare nei suoi lettori un simile stato di beatitudine. E noi, in questa fine di secolo segnata da crudeltà, paure, angosce, di fronte alle composizioni, ai paesaggi dell’anima di Antonia Fedon, così fluidi, così evanescenti, siamo sollecitati dalla stessa sensazione che già colpì i fedeli di Sérusier.
E’ vero che la bellunese Antonia Fedon opera sia nella città natale sia a Venezia (ecco, tra le sue opere, proprio “Venezia,” “La Laguna,” “Le vele,” “Marghera” e altre ancora) e che le acque dei rii e del canal grande e della laguna assorbono, oltre i ricami dei palazzi dei Sei e del Settecento, il sole, la luna, le nuvole che si rincorrono in cielo, le trattengono a colloquio come in un’amorosa prigione e poi le liberano improvvisamente, cosicchè fiotti di luce e di colore percorrono il campo a rallegrarlo.
Ma non è sempre giorno di gioia; ecco giungere anche “L’inquieta stagione: tra le acque ed i prati e le ripe scoscese ecco filare un vento che porta con sé le angosce di chi, in questo secolo aperto ad ogni esperienza, si preoccupa per sé e per i suoi figli.
Ma non è Antonia Fedon una selvaggia del colore, una “fauve”. Le sue pennellate e di rosso e di arancio e di giallo trascolorano nell’azzurro, nel verde, penetrandovi come una vela che con le sue chiare sembianze per sorbire tutto l’azzurro del mare e del cielo.

Aldo Spinardi